NOTA CRITICA – Così ne parla il critico d’arte prof. Giorgetti. “[…] Ciro Costagliola è un animale onnivoro. Come ogni creativo vede, sente, annusa, tocca tutto quello che gli sta intorno. La sua vita pubblica e professionale, lo pongono in continua relazione con gli altri, con i loro problemi, con le loro necessità, con l’obbligo di mediare ed indicare un senso dell’armonia nel rispetto dell’ordine. Due costanti delle sue opere. La necessità di fissare il flusso di visioni in un unico compatto, tentare una sintesi dell’ondivago associarsi di immagini, lo porta ad elaborare degli istogrammi del pensiero. Questi, rivestiti da una Lirica Geometrica, si tingono di colori e si dispongono secondo il circuito mentale che il loro artifex ha elaborato per loro.
Velocità e Sintesi sono figlie di alcune avanguardie storiche del ‘900 che Ciro ben conosce: Futurismo, Surrealismo ma anche Astrattismo sono dall’autore assimilati e rielaborati in un codice di rappresentazioni che non indaga l’oggetto ma lo indica, o ne esplicita la funzione. Ed è quindi, anche per motivi operativi, tecnici, di scelta di stile e quindi di pensiero, che l’arte di Costagliola ha altri riferimenti, e forse ben più robusti, nell’arte Pop nel grande Mondrian, nell’arte Digitale, ed in quella Opticart, che indagando la dinamica dei colori ha obbligato tutti a guardare con occhi più attenti i giochi di tensioni tra le varie campiture.
Ciro non è tanto interessato alla tecnica, quanto all’esito finale, al pattern che in una esplicita indicizzazione grafica richiama, ricorda, ammonisce, guida, sottolinea, segnala, impone. Il colore nei lavori nell’arte del nostro autore diventa basilare per il significato formale dell’opera. Per integrare con il colore il significato del simbolo.
Lavora con i suoi “modelli” che “rispecchiano il mondo”, sulle immagini che si conoscono o si crede di conoscere perché ricordano qualche altra cosa, come i diversi segnali che si trovano negli aeroporti, nelle stazioni, nei grandi magazzini, negli ospedali, nelle strade. Luoghi dove si vive, si parte, si muore. Luoghi dove l’umanità si affanna, trionfa, si illude di poter cambiar vita, di fuggire.
Il lavoro di Costagliola indaga sul problema della vita, sulla corsa che ognuno deve correre in proprio. Ma la sua indagine segnica sembra aver capito che neppure il 10% della comunicazione umana passa per la parola, il 90% si esprime con moltissimi codici diversi: dal gesto, all’ambiente, all’abbigliamento. Le parole sono inascoltate. Un segnale, e spesso nelle opere di Costagliola è di pericolo o di divieto, è perentorio. Chiaro, inequivocabile.
È un aiuto che si offre a chi si dibatte nel caos del quotidiano. Arte al positivo. Indicazione pragmatica. Èanche un invito alla pausa, al relax, a quel po’ di tempo necessario a prenderci cura di noi stessi.
La sua arte vuole e cerca la complicità da parte dello spettatore, proprio per quel suo volersi quasi nascondere dietro una apparente semplicità, per una sorta di gelosa ed inquieta pudicizia che può essere intesa come una specie di criptica ambiguità, per il suo continuo smontare e rimontare i codici segnico-simbolici, dire non dire, segnalare o annullare il messaggio sovrapponendone altri opposti. È un continuo evadere dagli schemi per ricostruirne subito di nuovi e più forti ma con una caratteristica in più: la flessibilità.
Gran parte del suo lavoro sino ad oggi è stato prevalentemente impostato sulla ricerca ed elaborazione di moduli. Con questi ora gioca a costruire, unire e scomporre il suo mondo. Con pragmatica energia. Dà un senso di sicurezza scoprire che la componente mentale del suo autore non impedisce al lavoro di Ciro di andare incontro all’occhio di chi guarda, forse perché invita a dar nuovo significato a ciò che tendiamo a consumare e perdere. Non ultimo la fiducia in noi stessi.